ATTENZIONE: questa lettera non è originale ma è stata scritta sulla base dei documenti e delle testimonianze di Dino.
Magdeburgo, 1 aprile 1945.
Oggi è Pasqua, giorno di resurrezione. Al mattino mi sono incontrato in chiesa con Claretta. Durante la funzione ha avuto un lieve malore, forse dovuto alla sua condizione ed alla carenza di cibo che nelle ultime settimane riguarda ormai tutti, anche i civili. L’ho soccorsa amorevolmente e le ho ordinato di andarsi a riposare. Così è tornata a casa e non so quando la rivedrò. Speriamo non sia nulla di grave.
C’è un sole brillante che illumina e riscalda il campo e i prigionieri. Ma i suoi raggi scaldano la pelle, non le nostre anime. Noi siamo un po’ come i sassi, fermi in attesa. Tutto intorno a noi oramai è soltanto attesa. Anche i tedeschi che sono di guardia sono in attesa di un qualcosa che è nell’aria ed è ineluttabile: la sconfitta. Per noi deportati invece l’attesa è sempre fame, malattia e morte, nella infinita speranza che qualcuno o qualcosa spunti all’orizzonte di questa nostra prigione, dove i nostri spiriti si vanno ogni giorno spegnendo ed i nostri corpi si vanno esaurendo, stanchi oramai di tutto, anche di vivere.
Si dice che i tedeschi siano in rotta su tutti i fronti e che Himmler abbia già fatto offerte di pace agli Alleati, i quali le hanno respinte perché ora pretendono una resa senza condizioni. Si sente anche dire che nell’ultima battaglia della Rhur siano stati catturati trecentomila tedeschi.
Anche nel nostro lager c’è la piena consapevolezza che la fine possa essere imminente. Le guardie del campo ormai sono disinteressate a noi, fino ad ignorarci del tutto. Questa sera durante la distribuzione del rancio non s’è visto nessuno, solo gli addetti alla cucina. Alla sera ci ritiriamo nelle baracche con un senso di ansia, perché non sappiamo ciò che ci aspetta nelle prossime ore, nei prossimi giorni.
Speriamo che Claretta stia un po’ meglio, stamattina prima della messa le ho fatto vedere una fotografia scattata a Tripoli in Libia, con Silvana e Wally ancora bambine e vestite con abiti arabi. Non vede l’ora di poterle conoscere.
Dino