24 luglio 1945

ATTENZIONE: questa lettera non è originale ma è stata scritta sulla base dei documenti e delle testimonianze di Dino.

Torino, 24 luglio 1945

Dopo un lungo e accidentato viaggio in treno attraverso la pianura Padana sono finalmente arrivato a Torino. Mi è stato detto che per prima cosa devo presentarmi al distretto militare di via Verdi per comunicare il mio rientro, perché sono ancora a tutti gli effetti sotto le armi.

Non avendo più ricevuto ordini dall’8 settembre 1943 in poi ho paura che possano addirittura considerarmi un disertore. Dalla stazione ferroviaria al distretto ci vuole meno di un quarto d’ora a piedi, ma decido di prendere un tram anche se non ho il biglietto. Sul tram nessuno si interessa a me, tutti leggono i giornali. Vedo che si tratta di giornali che non conosco, con strani titoli su persone altrettanto sconosciute e mi rendo conto di quanto tempo sono stato lontano e quante cose siano successe nel frattempo. In tanti leggono la “Nuova Stampa” che immagino sia l’erede de “La Stampa” che leggevo prima di partire militare cinque anni fa. Sbircio le notizie e scopro che ieri c’è stata una partita di calcio a Milano e che all’ippodromo di Mirafiori si sono tenute delle corse.

In effetti si vedono ancora i segni dei bombardamenti, ma Torino non è stata rasa al suolo come Magdeburgo o come le altre città tedesche che ho visto dal treno. Qui nonostante tutto la vita quotidiana sembra già avviata verso la normalità a differenza di lassù.

In un caldo torrido (ho visto sul giornale che ieri c’erano 36 gradi!) arrivo al distretto militare dove ero stato nel marzo del 1940 quando è iniziato tutto. Ci sono altri ex internati come me. Gli impiegati del distretto non sembrano particolarmente interessati a noi, con il loro comportamento dimostrano di considerarci né più né meno di una qualsiasi altra pratica da sbrigare. Ci chiedono le generalità e poi ci sottopongono ad una frettolosa visita medica. Alla fine di tutto ci fanno aspettare fintanto che non ci viene consegnato il foglio di licenza di rimpatrio di sessanta giorni, durante i quali ci verrà pagata la diaria e al termine dei quali ci comunicheranno qualcosa. Non capiamo, cosa vogliono ancora da noi?

Ormai è sera, non ci sono più mezzi disponibili per raggiungere Alpignano. Potrei fare a piedi i 14 chilometri che mi separano da casa, ma sono stanco, c’è un caldo opprimente e non voglio svegliare i miei cari nel cuore della notte. Dormirò dove capita, magari su qualche panchina e partirò domani mattina presto. Anche questa è comunque libertà.

Dino

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