20 dicembre 1943

ATTENZIONE: questa lettera non è originale ma è stata scritta sulla base dei documenti e delle testimonianze di Dino.

Alleringersleben li, 20 – 12 – 1943

Carissimi,

sono sempre qui, ad Alleringersleben dove continuo a lavorare nello zuccherificio ma non sono più addetto al sollevamento dei sacchi di zucchero da cento kg per caricarli sui trattori.

Dall’ultima volta che ho scritto sono stato trasferito nel reparto presse, dove lo zucchero è allo stato liquido perché viene riscaldato ad alte temperature.

Mentre al mattino durante l’appello fa un freddo dell’accidente, qui nel reparto presse fa un caldo infernale. Anche se è pieno inverno siamo costretti a lavorare a torso nudo.

Sui filtri attraverso i quali passa lo zucchero liquido si deposita di continuo la calce che viene usata per depurarlo. Allora devo usare una paletta di legno per staccare la calce e farla scendere.

La vita è dura, ma stando alle presse ogni tanto riesco a mangiare di nascosto un po’ di zucchero e questo mi fa sentire ancora pieno di energie.

Le SS hanno finalmente capito che non c’è modo di convincermi a fare il kapò. Dovete sapere che nella nostra baracca c’è un kapò violento, che senza motivo apparente picchia i prigionieri, e voi sapete che se c’è una cosa che non sopporto sono le ingiustizie.

Siccome io imparo subito le lingue, già da un po’ di tempo riesco a capire il tedesco e a farmi capire a mia volta. Per questo motivo il kapò vuole obbligarmi a sorvegliare di notte i miei compagni di prigionia e a fare la spia. Per convincermi mi ripete sempre “tu dopo, non lavori più”.

Finora mi sono sempre rifiutato di ubbidire, così quello ha incominciato a picchiarmi. Non passa giorno che non mi tiri un pugno o mi prenda a schiaffi. Oltre al dolore provo un senso di rabbia impotente e di umiliazione, non so quanto resisterò.

Dino

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