30 settembre 1943

ATTENZIONE: questa lettera non è originale ma è stata scritta sulla base dei documenti e delle testimonianze di Dino.

Altengrabow Stalag XIA li, 30 – 9 – 1943

Carissimi,

è già passata una settimana da quando siamo arrivati al campo di Altengrabow. Qui è appena incominciato l’autunno ma fa già freddo. E c’è un andirivieni di militari, soprattutto italiani, che arrivano e partono.

Ho raccolto un po’ di informazioni in questo periodo ed ho scoperto che siamo vicini alla città di Magdeburrgo, che dista solo 35 chilometri verso ovest.

Questo campo era stato costruito inizialmente come una grande caserma in cui venivano addestrati i militari tedeschi. C’era un poligono per le esercitazioni e grandi scuderie per cavalli. Da quando i militari sono stati inviati sui vari fronti ed è aumentato il numero dei prigionieri, gli edifici sono stati modificati per diventare un campo di concentramento. Sono anche riuscito a trovare una cartolina di come era una volta il campo.

I primi prigionieri sono stati i polacchi nel 1939, poi tutti gli altri, a migliaia, soprattutto russi. Si racconta che a un certo momento una parte del campo fosse stata destinata solo ai russi perché l’Unione Sovietica non aveva firmato la convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra. Per questo motivo i nazisti infierirono in modo disumano sui prigionieri russi, infliggendo loro sofferenze inenarrabili tanto da causare la morte della maggior parte di essi.

Si racconta anche, ma è difficile credere a così tanta barbarie, che i russi morti furono sepolti senza alcuna cerimonia in fosse comuni fuori del campo.

Venendo a noi le condizioni di prigionia sono terribili. Ogni mattina presto (a volte anche di notte) ed ogni pomeriggio viene fatto l’appello. Ci inquadrano tutti fuori dalle baracche ed inizia l’appello che a volte dura ore, durante le quali dobbiamo rimanere fermi immobili ed in silenzio, se no sono botte. Se poi i conti non tornano si ripete l’appello anche più volte.

Di notte è difficile dormire, fa freddo e siamo continuamente tenuti svegli da quelle bestioline che pascolano nei nostri vestiti e su di noi. Il cibo poi è scarso e disgustoso, brodaglia in cui a volte si trova qualche pezzo di verdura, una pagnotta da dividere in tanti, a volte un po’ di margarina. Il morale è ogni giorno più basso, in attesa di essere trasferiti nei campi di diestinazione definitiva che qui chiamano Arbeitskommando.

Come se tutto ciò non bastasse circola voce che anche noi italiani, come i russi, non avremo lo status giuridico di prigionieri di guerra. Contrariamente alle Convenzioni e agli accordi firmati dal governo tedesco, ci obbligheranno a lavorare nei campi o nelle fabbriche di armi.

Pare che sia stato un ordine diretto di Hitler che ha detto che non saremo più considerati prigionieri di guerra ma internati militari italiani. Cosa voglia dire esattamente non lo sappiamo, ma lo scopriremo presto.

Mi mancate tanto e mi mancano le vostre lettere. Ma sono sicuro che prima o poi tutto questo finirà e torneremo a vivere felici insieme.

Vostro Dino

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