14 settembre 1943

ATTENZIONE: questa lettera non è originale ma è stata scritta sulla base dei documenti e delle testimonianze di Dino.

Altengrabow li, 14 – 9 – 1943

Carissimi,

il lungo viaggio verso la prigionia è terminato. Siamo arrivati in un grandissimo campo di detenzione in una località che si chiama Altengrabow. Il posto si chiama Stalag XIA, dove Stalag sta per Stammlager ossia campo di prigionia per prigionieri di guerra.

Siamo a migliaia, non solo italiani, ma anche prigionieri di molte altre nazionalità, soprattutto polacchi e russi. Molti di noi sono appena arrivati, ma quelli che sono qui da più tempo ci hanno detto che la permanenza ad Altengrabow dura poco. Poi si viene smistati in altri campi più piccoli.

E’ passata meno di una settimana dall’8 di settembre, ma sembra un secolo. I tedeschi ci hanno imbrogliato, hanno mancato alla parola data. In perfetta malafede ci avevano promesso di rimpatriarci in cambio della nostra resa. I nostri ufficiali riponevano ancora fiducia nei vecchi compagni d’armi e questo ha influito sulla loro decisione e sulla nostra sorte.

Noi ci arrendemmo perché non avevamo alternative, se non quella di abiurare al giuramento di fedeltà al Re e poi perché eravamo stufi dopo tre anni di guerra.

Quello che è successo dopo ve l’ho già raccontato. Il 9 ci fu anche un messaggio radio che diceva che le truppe italiane sarebbero rientrate al più presto in Italia e che il primo treno sarebbe partito l’11 settembre.

E in effetti il nostro treno partì l’11 di settembre, ma con ben altra destinazione!

Anche oggi, quando siamo scesi dal treno, siamo stati radunati e un ufficiale tedesco ci ha detto che avevamo cinque minuti di tempo per decidere se stare dalla parte di Mussolini o da quella di Badoglio. E che in questo caso saremmo stati internati nel campo di prigionia.

Quasi nessuno ha risposto di si. A quel punto ci hanno fatto entrare in uno stanzone dove siamo stati ispezionati e privati del denaro e degli oggetti più preziosi che avevamo con noi, compreso il mio orologio. Poi a gruppi di una sessantina ci hanno condotti nelle nostre baracche, fredde, umide e sporche.

Per dormire ci sono dei letti a castello a tre piani. Ogni piano è formato da due tavole di legno dove ci stanno due persone, quindi in sei ogni letto a castello.

Gli altri prigionieri ci hanno già avvisato che ogni mattina prima dell’alba ed ogni pomeriggio viene fatto l’appello per controllare che non manchi nessuno. Questi appelli a volte durano ore…

Questa mattina ci hanno dato da bere solo un intruglio amaro e nel pomeriggio un pane nero e duro, con una brodaglia di rape.

E’ pur sempre meglio di quanto abbiamo ricevuto durante il viaggio, ossia niente. Tre giorni e tre notti di tortura su quel maledetto carro, arsi dalla sete, tormentati dal caldo, pigiati e impediti a soddisfare i bisogni più impellenti. Un inferno da non augurare a nessuno se non a chi ci ha messo.

Che triste destino ci attende!?

Vostro Dino

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