31 agosto 1942

(lunedì 31 agosto 1942, data desunta dal contenuto e dalla corrispondenza precedente)

Carissimi,

Direte che sono un pochino pigro nello scrivere, e non avete tutti i torti. Ma in questi giorni di fine mese, tante cose mi rendono impossibile, se non noioso il dedicarmi alla scrittura. D’ora innanzi, visto che ho ricevuto oggi le cartoline in franchigia, scriverò tutti i giorni una di esse, per tenervi al corrente di quanto accade qui.

Qualche sera ho avuto modo di uscire, e di respirare un poco di aria fresca e non viziata come in ufficio, dove sto tutta la giornata, senza vedere il sole. Oramai anche le serate calde dell’estate sono finite, e la sera fa già frescolino. Non si può dire che questo dispiaccia, perché al contrario, si sente il sangue circolare meglio al fresco di queste sere. Ieri era domenica e sono andato anche un poco al cinema, per distrarmi dai pensieri che mi turbinavano nel cervello. Essi erano portati dal fatto che mi rammentavo che l’altr’anno a quest’ora ero ancora a casa, e volevo indagare cosa facevo. Oggi ad esempio era l’ultimo giorno di mia permanenza, e domattina alle 6 voi mi siete venuti ad accompagnare alla stazione. Come è volato il tempo, e fatti che dovrebbero sembrare vicini, sembrano perduti nella notte dei tempi.

Nella mia lettera precedente, vi avevo dato notizia della ricezione di un pacco vostro, con la marmellata, le lamette, l’acqua minerale, il lucido, ecc.

Ve lo ripeto, perché possiate saperlo più precisamente nel caso non aveste ricevuto la lettera.

Spero però che vi sia pervenuta a quest’ora, perché in essa vi era il documento per lo stipendio, che oggi dovrete consegnare. E’ tutto a posto?

Giovannitti1 non è ancora arrivato, ma dai calcoli che facciamo, visto anche gli altri che arrivano, credo che per mercoledì-giovedì lo vedrò, mi parlerà di voi, e mi porterà quello che attendo con ansia.

Di novità non ve ne sono molte, eccettuata quella che ho conosciuto una ragazza di qui che parla molto bene il francese, e che vedo la sera le volte che esco, sulla piazza. Mi ha detto di salutare le sorelle, e tutti voi, perché dice che ammira l’Italia, e fra parentesi (anche gli italiani) anche i caporalmaggiori. E’ una persona molto per bene ed istruita e fa piacere esserle amici. E poi chi più chi meno, noi tutti conosciamo qualche ragazza, che se non altro fa sembrare meno lunga la giornata. Perciò, ricevete i suoi saluti, che credo saranno graditi.

Intanto io mi preparo per passare l’inverno bene come l’altr’anno, e riordino la sistemazione del mio letto con un nuovo materassino più spesso per ripararmi, e faccio stirare il cappotto.

I guanti che mamma mi ha mandato alla fine dell’inverno passato, li ho già tirati fuori, e saranno tanta manna. La mia salute è sempre più che ottima, e questo è l’essenziale. Credo che voi pure sarete così.

Ho mandato ieri il regalino per Silvana e Wally, che non è troppa cosa, ma non potevo di più, dato che tutto il mio avere lo avevo mandato prima, il 23 del mese corrente. Avevo ricevuto un vaglia l’altro ieri dallo zio Peppino2, di 200,= lire, e per me è stato un piacere riceverlo, potendo così fare il regalo promesso.

In seguito, e non fra molto tempo, spero di potere farne ancora.

Mi rincresce che i pacchi siano ancora chiusi, perché avrei bisogno di qualche oggettino di poco conto, ma che nella vita militare serve.

Vuol dire che appena saprò che saranno riaperti vi manderò a dire quello che mi occorre.

Per il momento non avrei altro da dire, e non credo che ve ne sia. Domani vi scriverò una cartolina in franchigia, e così tutte le mattine, per farvi sapere tutti i giorni mie nuove.

Di Teresina sempre niente.

Con tanto affetto vi bacio

Vostro Dino

1 Amico di Dino anche nel dopoguerra

2 Soprannome di Felice Giuseppe Ferrero (1890-1954) zio di Dino, chimico e farmacista, titolare di una delle più antiche farmacie di Torino, la Collegiata, sita all’angolo tra via del Carmine e piazza Savoia.

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